Lo confesso: non ho mai avuto in gran simpatia il presidente Obama, né tantomeno il Nobel per la Pace – cortigiano e ingiustificato – che gli hanno attribuito. Mi è sempre sembrato fuffa: un progressista taroccato con la faccia color bronzo che alla fine fa la faccia di bronzo; dispari nella sua incapacità di valutare caso per caso il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Bene l’Iraq e l’Afganistan, meno bene – anzi, male – l’Arabia Saudita e che ne so il Kazakistan per esempio. Le ultime esternazioni sulle “rivoluzioni arabe” e il ritiro “elettorale” dall’Iraq dimostrano – a mio avviso – una verità lapalissiana: è il solito gattopardo di turno, guerrafondaio e democratico se conviene.
E veniamo ai nostri… esportatori di democrazia.
Non credo di poter essere annoverato fra gli estimatori del colonnello Gheddafi, ma la sensazione che gli attuali “vincitori” siano i protagonisti di una rivoluzione da operetta (ad essere gentili) permane e si rafforza. Tralascio la scontata considerazione sulla ridicola deferenza che tutti i capi di stato europei (e pure i super-vice-per-sempre come D’Alema) hanno tributato al Colonnello (pace all’anima sua), mentre mi sento schifato dell’ipocrisia scandalosa con cui hanno passato la sua efferata uccisione come una vittoria del Bene sul Male.
L’esibizione del cadavere del Rais nella macelleria di Misurata rappresenta perfettamente l’epifania di un Occidente debole e moribondo che non è più capace di proporre un modello vivibile di coesistenza se non con la forza delle proprie bombe intelligenti (sic!).
Benvenuti nella nuova era del colonialismo tecnologicamente sofisticato!
PS: Onore delle armi: con la sua scelta di restare in Libia e combattere, il Colonnello ha dimostrato di avere quelle palle che tanti capetti di casa nostra (Bossi compreso) agognano ma non possiedono. Requiem.