È passato un Ventennio. Quasi. Cosa modesta.

Nelle ultime settimane della seconda guerra mondiale, quando Hitler, chiuso nel bunker, si preparava al suicidio, Bormann e Goering intrigavano e bramavano, l’un contro l’altro, per prenderne il posto. La Germania era in ginocchio, i russi alle porte di Berlino, il Terzo Reich alla fine, ma gli alti papaveri del nazismo, quasi non si accorgessero che tutto stava crollando, non rinunciavano a battersi per un potere inesistente. La stessa impressione che danno i politici di seconda schiera della partitocrazia che, in queste settimane e mesi, hanno ingaggiato una lotta sorda per sostituirsi alle leadership morenti:[…]
La nostra classe dirigente non sembra rendersi conto che agli italiani non interessano i problemi interni di partiti ai quali non credono più, le loro alleanze, presenti e future, i loro ridicoli e offensivi progetti di autoriforma (che sarebbe come dire che il ladro concede, graziosamente, di non rubare più). Ciò che gli italiani vogliono, puramente e semplicemente, è che i partiti sloggino da tutte le istituzioni e i luoghi che hanno indebitamente occupato. E non affideranno certamente quest’opera di rifondazione del sistema, che poi non è che un ritorno alla Costituzione e alla legge, a coloro che lo hanno affossato, non foss’altro perché, come scrive Bocca, “non si affida la ricostruzione di un’azienda che ha fatto fallimento a coloro che l’hanno fatta fallire“.
Perciò sarebbe veramente paradossale se dopo vent’anni di malgoverno, di ruberie, di prepotenze, dopo i pesanti sacrifici che ci sono e ci saranno richiesti per sanare una situazione di cui questa classe politica è pienamente responsabile, ci trovassimo, come tutto risultato, ad avere al posto dei Craxi, dei Forlani, degli Occhetto, i Martelli, i D’Alema, i De Mita cioè, per restare alla metafora, i Bormann e Goering di casa nostra.
[da “L’Europeo”, il Conformista, 25 settembre 1992]

massimo fini

Massimo Fini, il Conformista

Non me ne voglia Massimo Fini se mi permetto una lunga citazione da un suo articolo di vent’anni fa perfettamente attuale. È vero, non sempre riesco ad aderire alle sue civili crociate e confesso che a volte non ne colgo appieno la profonda complessità ma – mi chiedo –  come si possa non cogliere il suo gesto guascone di sollevare la verità con onore dolore e dignità. Parole desuete ormai, parole da cui ci hanno allontanato con una trincea di giocattoli fragili e di promesse non mantenute. E ancora oggi provano a distoglierci con una velata accusa di parricidio o – in alternanza – continuando a massaggiarci la pancia (certi che – leopardianamente – la natura umana è cosa modesta).

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