Mercurio: il Dio doloroso dell’Amiata

Il Museo Minerario di Abbadia San Salvatore raccoglie e conserva materiale di ogni genere riguardante la storia dell’estrazione del cinabro dalla montagna amiatina, con una particolare attenzione rivolta alla sottesa storia umana e sindacale; svolge anche attività didattico formativa per le scuole.

museo minerario, abbadia san salvatore

museo minerario

Nel 1998 fu datato col metodo del radiocarbonio il campione di alcune mazze di quercia ritrovate, a trenta metri di profondità, durante l’attività estrattiva del cinabro nei primi anni del Novecento nella miniera del Cornacchino e risalenti a oltre 5000 anni fa!, queste fanno bella mostra di se insieme ad altri reperti in una delle sale al pianterreno che racconta dell’antica vocazione mineraria dell’area amiatina. Il mercurio, forse per la sua caratteristica di unico metallo liquido a temperatura ambiente e per la sua eccezionale pesantezza, ha suscitato grande curiosità ed interesse fin dall’antichità. Dagli Etruschi che usavano il cinabro come terra colorante fino ai Medici che erano attratti dalle supposte proprietà alchemiche del metallo, la storia estrattiva del mercurio è parte importante della grande storia metallurgica dell’uomo. In particolare per la zona dell’Amiata, l’estrazione del mercurio ha rappresentato l’attività industriale più importante e l’unico sostegno economico per un migliaio di minatori e le loro famiglie. Questa industria ha avuto un tale peso per l’intera economia italiana che il nostro paese è stato per diversi decenni il maggiore produttore di mercurio del mondo proprio grazie al metallo estratto dalle miniere amiatine.

museo minerario

museo minerario

Osservare ed ascoltare l’anziano minatore che racconta storie di miniera e problematiche tecniche legate ai materiali e all’oggetto del desiderio – il mercurio – davanti ad un uditorio fatto di ragazzi della scuola media accompagnati dalle loro insegnanti, silenziosi e attenti, colpisce e fa riflettere. Qui non si parla di videogiochi o suonerie per telefonini di ultima generazione. Paolo, questo il nome dell’ex minatore che stiamo ascoltando, è uno dei molti che – ormai nonno e in pensione – presta volontariamente il suo tempo ai gruppi di ragazzi che visitano il museo raccontando le storie della “sua” miniera, affinché non vada perduto il ricordo e l’esperienza di intere generazioni di amiatini cresciute in miniera. I ragazzi sono affascinati dalla semplice autorità delle sue parole, catturati da storie che sentono vere fino alla commozione e che non sempre sono a lieto fine. “La silicosi che accompagna il nostro invecchiare ci uccide lentamente” racconta Paolo con semplicità. Pian piano scoprono che la storia di tutti noi come quella di quest’area dell’Amiata sono un po’ meno lucenti dei modelli patinati che gli spot pubblicitari ci propongono in continuazione. Emerge la storia di una comunità di lavoratori i cui consumi possibili era legati semplicemente al sopravvivere in un’area fra le più povere del paese. L’atmosfera che si crea durante il raccontare è satura di curiosità meraviglia e rispetto. Il passato che ne emerge è vivo percepito reale, fa afferrare meglio quella continuità che pare assente e rarefatta nell’attuale universo giovanile. I ragazzi sono disposti intorno al grande plastico dell’area mineraria ospitato nella prima sala del museo e mentre si apprestano a salire al secondo piano, sicuramente aiutati dalle parole di Paolo, cominciano a “vedere” le migliaia di presenze che hanno reso viva e produttiva quell’area industriale insieme ai sacrifici patiti in nome del dio mercurio.

Il cinabro è un agglomerato di terre solfuree di colore rosso violaceo, il mercurio in esso contenuto viene ottenuto per grandi linee con metodi legati all’arrostimento delle terre e successiva distillazione dei vapori fino al metallo puro. I maggiori giacimenti cinabriferi sono localizzati proprio ad Abbadia San Salvatore, Santa Fiora, Castell’Azzara e Piancastagnaio.
Le altre sale del pianterreno documentano i processi base del percorso estrattivo e le varie tipologie dei campioni minerali raccolti, alcuni diari di responsabili industriali e geologi che si avvicendarono alla direzione delle miniere della Società Anonima Monte Amiata (creata a Livorno il 20 giugno 1897 per iniziativa di Vittorio Emanuele Rimbotti). Di particolare interesse è la collezione di memorie di viaggio e campioni raccolta da Ugo Crida e relativa all’Amiata e ad altre aree minerarie (Sulcis in Sardegna, Corsica ecc). In una delle sale al piano terra è possibile osservare la ricostruzione in scala di un forno da distillazione, usato per l’estrazione tramite arrostimento del mercurio metallico, molto diffuso nel Settecento.

museo minerario, maschere antigas

museo minerario, maschere antigas

Salendo al piano superiore e aggirandosi fra le teche che documentano attrezzi e fasi dell’attività estrattiva, si percepisce meglio l’asprezza e la pericolosità del lavoro in miniera. La scolaresca che ci accompagna osserva perplessa le maschere antigas, i sistemi di allarme, i marchingegni per la detonazione, tanto da apparire quasi sollevata quando si raccoglie nella sala in cui è ricostruito il laboratorio chimico e Paolo inizia a raccontare delle numerose lotte dei minatori fino alla chiusura delle miniere.

Nel 1972, in seguito alla grande crisi che si verificò nel settore per l’acquisita consapevolezza dei pericoli di grave inquinamento derivanti dall’uso industriale del mercurio e per l’adozione di norme fortemente restrittive, sono state chiuse quasi tutte le miniere, fatta eccezione per quella del Siele, a pochi chilometri da Abbadia. I primi lavori di sfruttamento industriale della miniera del Siele cominciarono verso la prima metà dell’Ottocento e rimase la sola produttiva fino al 1874. Attorno alla miniera del Siele nacque un vero e proprio paese con edifici e scuole; essa fu definitivamente chiusa solo nel 1976 e definitivamente abbandonata.

miniera del siele

miniera del siele

Per chi volesse integrare la visita al museo con una capatina alla miniera del Siele, l’area abbandonata promette non poche sorprese: i grandi e ormai silenziosi impianti lentamente inghiottiti dalla vegetazione, le palazzine con macchinari e documenti sparsi, ricordano le città fantasma a cui certi film western ci hanno abituato. Non vogliamo aggiungere altro per non sciuparvi la sorpresa e convincervi che sono luoghi da scoprire con gli occhi e vedere con la mente.

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